La storia

Nel 1919, su iniziativa di due giovani, Giulio Bucciarelli e Alessandro Cameroni, nasce il Como Water Polo Club. La squadra si allena presso le Terme Comensi, nell’acqua del lago, cosa che limitava la stagione agonistica da maggio a settembre[1]. Negli anni venti, il club viene “affiliato” dalla Ginnastica Comense, con la cui divisa Luciano Trolli prende parte ai Giochi di Amsterdam nel 1924, specialità 200 metri rana. La società ha sede presso la Canottieri Lario e, poi, nella palazzina che ospitava il Reale Automobile Club d’Italia, oggi sede dello Yacht Club Como. Quando l’area del borgo di San Giorgio viene riorganizzata, a seguito della costruzione (nel 1927) dello Stadio Giuseppe Sinigaglia, le Terme Comensi vengono smantellate e l’attività pallanuotistica si trasferisce sulla sponda opposta del lago, in viale Geno, presso i Bagni Margherita[2]. In cambio dell’ospitalità, gli atleti si esibivano in spettacoli natatori e di tuffi, svolgendo anche servizio di salvataggio qualora necessario.

Nel 1926, un atleta della Comense, Giuseppe Mazza, si laurea campione d’Italia nei 200 metri rana, imitato poi da Ernesto Manzoni, presente anche al Campionato mondiale universitario dal 1927 al 1930[3]. Vinse cinque volte il titolo tricolore nei 200 rana. Ai giochi del 1928 è presente invece Antonio Conelli, in gara nella staffetta 4×200.

Negli anni trenta la zona di viale Geno viene riorganizzata, anche a seguito di un incendio e della demolizione del quartiere della Cortesella, le cui macerie vengono smaltite nel lago. In luogo dei Bagni Margherita venne costruito il Lido di Villa Geno, struttura ancora oggi esistente e sede definitiva del sodalizio. Allo stesso periodo risale il distacco dalla Comense e l’assunzione della denominazione Como Nuoto[4]. Presidente è Oscar Castagna, vice presidenti Giulio Bucciarelli e Alessandro Cameroni. Il simbolo della società è un cavalluccio marino, che verrà sostituito solo qualche anno più tardi dalla rana dei nostri giorni. Sembra che il nuovo stemma sia stato disegnato da Camillo Broffoni, caricaturista comasco emigrato a Parigi e vignettista per Paris-Soir[5].

Durante la seconda guerra mondiale, stante la requisizione del Lido ad opera della Wehrmacht, la Como Nuoto fu ospite della Canottieri Lario e, dopo il 1944, del piroscafo “Italia”, dismesso dalla Navigazione Laghi per via dell’età, il quale viene ormeggiato davanti Villa Olmo e, poi, spostato sul ramo opposto[6]. Subito dopo la fine della guerra, verrà utilizzata provvisoriamente una baracca militare tedesca, requisita e poi ceduta alla società per interessamento di un dirigente del Comitato di Liberazione Nazionale di Milano, Oreste Gementi[7]. E, nel 1946, un atleta della Como Nuoto, Enzo Bianchi, si laurea campione italiano nei 200 rana.

Fu nel 1950 che il Comune concesse alla società la disponibilità della punta di Geno, per erigervi la nuova sede, inaugurata il 12 luglio 1951 alla presenza di Luigi Rovelli, presidente della Como Nuoto nonché vicesindaco della città e del presidente del C.O.N.I. Alberto Bonacossa[8].

Sino agli anni settanta l’attività si svolgeva interamente nelle acque del lago. L’idea (e le possibilità) di costruire una piscina arrivarono solo più tardi. Fu realizzata infatti nel 1972, mentre al 1979 risale lo spazio esterno alla sede della società che è occupato dal solarium. Sono anni in cui la squadra si dibatte in Serie C, ma la nuova piscina fu teatro del ritorno in Serie A2 al termine del vittorioso torneo di Serie B 1984. La società comasca fu di nuovo promossa nel 1986-1987, salendo per la prima volta nella sua storia in Serie A1, per retrocedere però immediatamente. Nel 1992-1993 le rane si aggiudicarono il campionato di Serie A2 e cominciarono cinque stagioni consecutive di massima serie. In questi anni arrivò anche il primo trofeo internazionale, quando nel 1994-1995 la Como Nuoto si aggiudicò la Coppa COMEN. In quell’anno viene fatto registrare il miglior piazzamento di sempre in Serie A1, l’ottavo posto, bissato nel 1996-1997. Nelle giovanili si forma in quegli anni Lorenzo Vismara, che diverrà poi un affermato nuotatore[9].

La retrocessione del 1997-1998 segna l’avvio di un lungo periodo di permanenza in Serie A2 per il club. In estate, il portiere Marco Gerini, già nel giro della Nazionale, viene ceduto a Roma. In diverse occasioni i comaschi sfiorarono la promozione in A1, collezionando cinque piazzamenti al 3º posto. Poi, nel 2009-2010, dopo 25 anni consecutivi di permanenza in Serie A1 o A2, la Como Nuoto retrocede in Serie B.

Il ritorno in A2 avviene dopo una sola stagione, grazie alla vittoria del girone B e al successivo spareggio contro i genovesi dell’Andrea Doria, nel quale i lariani s’impongono in entrambe le partite[10], conquistando la promozione. Nel 2011-2012 ha chiuso il campionato di Serie A2, girone Nord, al 6º posto, sfiorando la qualificazione ai play-off. Qualificazione che arriva nella stagione seguente, grazie al 1º posto in regular season, alla quale segue la promozione in Serie A1. Dopo aver superato in semifinale la Telimar Palermo, la vittoria in finale contro il Catania consente alla Como Nuoto di ritornare nella massima divisione dopo 15 anni[11].

La stagione 2013-2014 inizia ospitando il girone Nord della Coppa Italia 2013-2014, comprendente anche Savona, Nervi e Cagliari. Le partite sono state disputate alla Piscina olimpica[12] e hanno visto la qualificazione dei padroni di casa alla seconda fase. Il Como termina la stagione regolare al 7º posto, miglior risultato di sempre in massima serie.

SEDE - QUANDO ANCORA SI GIOCAVA NEL LAGO

Una strenna natalizia che Uberto Bazzi, socio e storico allenatore della Como Nuoto, ha voluto regalare alla società….un pezzo di storia della città di Como “vista dal lago”

L’ALLENATORE era LUCIANO TROLLI

Sì, proprio Lui, l’Ingegner Luciano Trolli, che tutti in Como Nuoto conoscono almeno di nome, per la piscina sociale a Lui doverosamente intestata. Trolli: una vita dedicata al nuoto ed alla pallanuoto (atleta di livello olimpionico, allenatore, dirigente), senza trascurare la professione di ingegnere civile che ha regalato alla città molte testimonianze di architettura razionalista.

Il suo connubio professione-sport trova la massima espressione nell’allestimento della sede della Como Nuoto a Villa Geno. Fu protagonista principale come propugnatore, progettista e direttore dei lavori, sostenuto da pochi amici: in particolare, per la costruzione della piscina, da Adriano Meroni, presidente, se la memoria non mi inganna, nel periodo 1968-1980. L’opera nel suo complesso è stata voluta, progettata e realizzata da Trolli nel corso di un ventennio (1951-1971-72) attraverso quattro fasi fondamentali:

1950-51 – Realizzazione della segreteria e degli spogliatoi fronte-lago, con l’attuale segreteria sotto il dominio assoluto della “Sciura” Paola, bagnina tuttofare, fornitrice di paste fresche per la merenda anche a credito (poi saldato dai genitori), e gran distributrice di colpi di scopa a chi derogava da un comportamento corretto;

1955 – Consolidamento dell’area, con la costruzione del muro a lago che fungeva anche da tribuna dell’antistante campo di gara (nuoto e pallanuoto) delimitato, nello stesso anno, da due pontoni fissi, posti in opera in sostituzione dei precedenti pontoni galleggianti. Questi ultimi erano residuati di guerra e vennero inviati in Polesine in aiuto della popolazione colpita da una tremenda alluvione;

1960 – Ampliamento del complesso con la realizzazione del salone che oggi funge da bar ristorante;

1971 – Completamento dell’opera con la costruzione della piscina, mentre l’illuminazione e l’impianto di riscaldamento furono realizzati l’anno successivo.

Infine, è giunto il quinto lotto, in periodo post-Trolli, che ha dato alla sede l’aspetto attuale, con la costruzione del pontile realizzato nel 1979 sacrificando il CAMPO A LAGO in favore dei soci cosiddetti “prendisole”. I due pontoni che delimitavano il campo a lago tra nord e sud prima servivano come punto di ritrovo per gli allenamenti e come tribune per le partite di campionato, quando l’arbitro decideva di operare dal muro a lago e non dalla barca che veniva ormeggiata a metà campo sul lato esterno.

Oggi questo caro, indimenticabile campo a lago non sarebbe stato comunque più agibile perché, causa la subsidenza di piazza Cavour, il Lago è ora regolato ad un livello inferiore di circa 50-60 centimetri rispetto a quello in vigore negli anni ’60, quando la quota massima ammessa all’idrometro di Malgrate era di 180 centimetri, rispetto agli attuali 120.

L’acqua era sempre fredda, per cui talvolta capitava che amici benevoli, per alleviare le pene del portiere (Chicco Feliziani), gettavano dal pontone, sul semisurgelato estremo difensore, secchiate di acqua calda! In un’occasione la partita fu sospesa per ritiro della squadra avversaria semi-assiderata: correva l’anno 1970, ospite la formazione del Bentegodi di Verona dove giocavano i tre fratelli Castagnetti, fra i quali merita una menzione particolare Alberto, scomparso pochi anni fa, divenuto in seguito grande allenatore della nazionale di nuoto (leggi Federica Pellegrini, Olimpiadi di Pechino del 2008).

L'ALLENAMENTO

L’ALLENAMENTO si svolgeva tutte le sere estive, considerando che il campionato si svolgeva normalmente nel trimestre giugno-agosto. La componente natatoria prevedeva spesso l’attraversata del Lago dalla sede sociale all’hotel Vllla Flori, gli atleti erano accompagnati dal mitico burchio (barca quadrata a fondo piatto sulla quale si remava in piedi). Quando il lago era increspato dal Tivanaccio, cioè “gh’era su i üchett” , Trolli faceva spostare l’allenamento al pontile di Villa Geno (protetto dalla punta) dove veniva sistemata una porta trainandola con il burchio. I giocatori raggiungevano il pontile a nuoto, completando poi l’allenamento con il ritorno in sede sempre per via acquea: lo scatto più imperioso era quello verso la doccia calda…

Questo tipo di allenamento natatorio svolto fuori corsia in acque libere predisponeva alle gare di fondo che completavano l’attività sportiva. A tale proposito si possono ricordare: la “Villa Geno”, dalla diga alla sede della Como Nuoto, la traversata del Lago di Varese, la traversata di Mandello Lario, il “Miglio Marino” di Genova-Sturla, la traversata di Lugano (dal Golfo Paradiso all’inizio dei giardini pubblici), la gara di fondo di Cremona, 2 km nel Po in favore di corrente, (all’arrivo, per non essere trascinati dalla corrente, ci si doveva agganciare al volo ad una barca appositamente ormeggiata!). Fra tutti il migliore era Franco (Cochi) Feliziani, sempre ben piazzato e più volte vincitore, vedi, in particolare, la Coppa Villa Geno del 1961.

Una volta all’anno con il solito burchio si trasportava il campo di gioco al lido di Moltrasio, dove si svolgeva una partita amichevole con la squadra locale, costituita essenzialmente da giocatori di società milanesi, alcuni dei quali passavano l’estate in riva al primo bacino del lago. Era una domenica di festa, sempre allietata da esibizioni di tuffi acrobatici e comici eseguiti con grande bravura da Aristide Ghezzi ( il primo e forse per ora l’unico tuffatore della Como Nuoto) e da Cesare (Cino) Mondini.

Chi ha vissuto quell’epoca certamente ricorda I palloni di cuoio, che con l’uso nel corso della stagione si ingrossavano e si appesantivano sino a diventare delle “angurie”. Il pallone di grosse dimensioni e le onde del lago non permettevano di impugnarlo da sopra come si usa con i palloni attuali. Tutti i giocatori erano quindi abilissimi nell’impugnare il pallone ponendo il palmo della mano sott’acqua, movimento che i giocatori di oggi non sanno assolutamente più fare. Questo fondamentale individuale permette al giocatore di proporsi al tiro in posizione di maggiore equilibrio con le gambe in posizione posteriore.

Il regolamento

Il REGOLAMENTO era molto diverso rispetto all’attuale:

Si giocavano 4 tempi di 5 minuti con eventuali coppie di tempi supplementari di 3 minuti in caso di parità’;

Le calottine non avevano il paraorecchie, oggi obbligatorio per limitare le rotture del timpano, e potevano essere “double face” come quelle confezionate da mamma Bazzi e di cui un esemplare è ancora conservato gelosamente da uno degli ultimi pallanuotisti di Lago sotto indicati: chissà che questa rarità non diventi un giorno un cimelio del Sacrario degli Sport Nautici di Garzola;

Le sostituzioni erano ammesse solo nell’intervallo fra due tempi, oppure per sostituire un espulso per tre falli gravi, il giocatore sostituito non poteva più rientrare;

Non c’erano i time-out e nemmeno i 30” per completare l’azione d’attacco, l’arbitro fischiava la perdita di tempo se il pallone era passato indietro nella propria metà campo di difesa;

Il portiere non poteva uscire dai 4 metri e non poteva lanciare la palla oltre la metà campo;

Dall’espulsione si rientrava solo quando una delle due squadre realizzava un goal, le reti segnate con l’uomo in meno erano molto più frequenti di quanto non capiti ora;

Il rigore doveva essere tirato da chi subiva il fallo, con l’eccezione di un anno (fine anni ’60) quando in corrispondenza di tre falli gravi subiti la squadra usufruiva di un tiro di rigore, come quando all’Oratorio si giocava con la regola: ogni 3 corner, 1 rigore a favore! Quell’anno Cochi Feliziani realizzò più di 30 rigori senza alcun errore, la precisione e la velocità di esecuzione erano sue prerogative ineguagliabili;

Per definire la vittoria in una finale o in uno spareggio dopo i primi due supplementari non si tiravano i rigori, ma si proseguiva a giocare coppie di supplementari, fin quando una delle due squadre aveva almeno un goal di vantaggio. Nel 1970 la finale della prima Coppa Lombardia (Canottieri Milano – Como Nuoto) finì 5-3 in favore dei milanesi dopo sei tempi supplementari, proprio come capitò nella finale Olimpica di Barcellona (Italia – Spagna), vinta dagli azzurri per 9-8.. Ma l’incontro del XX secolo (secondo il giornalista Aronne Anghileri, autore di “Alla Ricerca del Nuoto Perduto”) è stata la finale degli Europei di Madrid 1986 (Jugoslavia – Italia), decisa a tre decimi dalla fine dell’ottavo tempo supplementare da una rete di Plava Milanovic. Il risultato finale fu: 12-11 in favore degli slavi, proprio quando stavano per cominciare altri due tempi supplementari.

Ci si ALLENAVA tutto l’anno per giocare un campionato di serie C che durava non più di 80 giorni, nel periodo compreso tra giugno ed agosto si affrontavano doppie trasferte in località geograficamente prossime. Si giocava il sabato e la domenica. Le trasferte abbinate erano solitamente: Trieste-Mestre, Bologna-Modena, Imperia-Arenzano, Bogliasco-Vernazza, Torino-Biella e poi i derby lombardi con Fanfulla (Lodi) e Canottieri Milano.

In ACQUE LIBERE non si giocava solo a Como, ma anche al lido di Lugano e nel porto di Iseo, dove i locali si cambiavano in casa propria e gli ospiti in uno scantinato adibito a pollaio, con polli e pulcini liberi di starnazzare! Naturalmente si giocava anche in mare, ad esempio ad Imperia presso il molo di Porto Maurizio, ad Arenzano nell’angiporto (dove tuttora nei mesi estivi è presente un campo di pallanuoto), a Bogliasco e nel porto di Vernazza: un ambiente da favola, in uno degli angoli più belli delle Cinque Terre.

La SQUADRA, l’ultima squadra fra le tante allenate da Trolli era costituita da:

Uberto Bazzi e Chicco Feliziani, i portieri;

Giorgio Scarpa, (detto Petta) difensore arcigno incapace di segnare un goal anche a porta vuota (vedi Sori, prima storica vittoria della Como Nuoto in campo ligure);

Mario Mercuri e Diego Porro, ovvero, per entrambi, una vita da mediano in continuo movimento, avanti ed indietro al servizio della squadra. Diego fu poi anche il primo allenatore delle Rane Rosa, in seguito per molti anni assicurò una presenza costante a bordo vasca a Villa Geno, sorvegliando generazioni di atleti e bagnanti. Mario si distinse come allenatore di nuoto in una stagione luminosa (tra i risultati conseguiti dalla Como Nuoto sotto la sua guida, diversi titoli italiani individuali e di staffetta a livello giovanile ed il titolo italiano assoluto indoor di Mauro Cappelletti (1983: 200 Delfino in 2:03:13), un atleta ancora oggi in attività ad alto livello internazionale nel settore Master.

Alberto Bertola (detto Castoro), il mancino del gruppo, catalizzatore dello spogliatoio;

Gianfranco Camisa, triestino, emigrato a Lanzo Intelvi per motivi di lavoro: una flebo di tecnica, grinta e tenacia, quando scendeva a Como era ospite fisso di mamma Porro, a coprire il vuoto lasciato da Dario, fratello di Diego, prematuramente scomparso.

Vincenzo Cattaneo (detto Vince), l’elemento di maggior classe, sempre pronto a portare e concludere le controfughe; nato per giocare a pallanuoto, come successivamente Marco Vittori, Umberto Martinelli ed oggi Mattia Tedeschi; “Vince” divenne poi allenatore della squadra dei Giochi della Gioventù che lanciò la rosa, tutta comasca, che avrebbe in seguito conquistato la serie A2 nel 1984, con in prima fila i fratelli Romanò (Martino e Carlo, il grande portierone), Umberto Martinelli (poi allenatore e giocatore in Svizzera) senza dimenticare l’attuale Presidente Alessandro Dalle Donne;

Cochi Feliziani: una furia agonistica proiettata verso la porta avversaria, il capocannoniere per antonomasia, non appena la palla toccava la sua mano destra partiva un tiro tanto forte quanto preciso, aveva come si suole dire un tiro “al fulmicotone”, capace di sorprendere sempre sul tempo il portiere.

Corrado Badò e Carlo Nahmias, più nuotatori che pallanuotisti, alla ricerca della palla al centro specialmente quando si era in inferiorità numerica. Corrado Badò è poi approdato alla presidenza della società (1989-1992), primo tra gli ex atleti, successivamente emulato da Franco Malinverno, Marco Flutti ed Alessandro Dalle Donne.

Danilo Gattoni, Marco Rimoldi, Giovanni Pezzani (detto “Cina” perché sempre impassibile), Antonio Melita, Fulvio Imperiali, Giuseppe Faletti, Alberto e Adriano Clerici (quest’ultimo detto “Gruvio”), giovani a compendio di un gruppo sempre e ancora coeso pur nello scorrere delle stagioni.

Quanto ha dato questa squadra negli anni alla Como Nuoto? Tanto, veramente tanto!

 

Nel 1970, in corrispondenza con il 50° anno di creazione della società, con l’entusiasmo e l’iniziativa di pochi è stata creata la prima SQUADRA GIOVANILE, una sorta di sfida allo scetticismo dei benpensanti, per i quali non si sarebbe mai potuto avere a Como un movimento pallanuotistico di tipo ligure. Arrivarono allora i costumi con le ranette di Ippolito Stefanelli, oggetto cult e di scambio tra i pallanuotisti dello Stivale, e l’ultimo prodotto pallanuotistico del lago, quel Giuseppe Bosco portiere ancora oggi in attività con i Master: ma questa è tutta un’altra storia.